Cogito ergo boh

Prima, pensavo che alle cose non ci pensassi. Davvero, avevo come l’impressione che molte cose su cui avrei dovuto sprecarci almeno un pensiero, uno veloce, come quelli di quando stai mettendo il primo piede fuori dal letto, al mattino, e che quando il piede ha toccato terra è già svanito, io non le pensassi. Ho sempre avuto una grande invidia verso la gente che pensa le cose, verso quelle persone che tu gli fai una domanda, gli chiedi una cosa, e loro hanno la risposta, che sanno quella cosa e te la sanno dire per filo e per segno perché, evidentemente, una volta almeno ci hanno pensato. Per quelle persone provo anche una grande pena perché mi chiedo come facciano a vivere con tutti quei pensieri pensati prima che qualcuno ti chieda di pensarci e mi dico che son fortunato io, ché non ci penso a quelle cose e ho la testa libera e ogni volta che qualcuno mi domanda cosa pensi? non ho mai una risposta pronta. Devo pensarci, gli dico. Poi, l’altro giorno, ho capito una cosa. Non è che io non pensi alle cose, ma ci penso in brutta copia, con una grafia che non ci capisco niente neanche io quando la rileggo e allora vado a senso, in una decodifica per approssimazione, per empatia con me stesso, per ricordi sgangherati di volte in cui ho pensato cose simili e così via ed è facile perdersi su quel foglio pieno freccette, cancellature, ghirigori, sottolineature.

Io, certe volte, penso che ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a pensare in bella copia.

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